Arsenico e vecchi merletti

Regia: Frank Capra
Interpreti: Cary Grant, Josephine Hull, Jean Adair, John Alexander, Priscilla Lane, Peter Lorre, Raymond Massey
Sceneggiatura: Julius J. Epstein, Philip G. Epstein
Fotografia: Sol Polito
Montaggio: Daniel Mandell
Paese/Anno: USA/1944
Distribuzione: Warner Bros
Durata: 113′
Genere: commedia

SINOSSI

Il severo critico teatrale Mortimer Brewster, fresco di nozze con Elaine, figlia del pastore, torna a trovare le due zie nubili Abby e Martha, che l’hanno cresciuto dopo la morte dei genitori, per far loro conoscere la novella sposa prima di partire per la luna di miele. Durante il soggiorno, Mortimer scopre in una cassapanca il cadavere di un uomo e di lì a poco capisce che le due anziane zie hanno il vizio di avvelenare i loro solitari ospiti con del vino di sambuco corretto con l’arsenico. I corpi vengono poi seppelliti in cantina, con la complicità del fratello di Mortimer, Teddy, che si crede Theodore Roosevelt, ed è convinto che i malcapitati siano morti di febbre gialla durante gli scavi del canale di Panama. Alla già strampalata combriccola si aggiungono poi l’altro fratello di Mortimer, Jonathan (Raymond Massey) efferato omicida, e il suo complice, l’alcolizzato Dr. Einstein, che ha sottoposto il ricercato Jonathan a diversi interventi di chirurgia plastica per cambiargli i connotati, facendolo assomigliare a Boris Karloff, divo del cinema horror, e aiutandolo così a sfuggire alla polizia. Alla fine Mortimer riuscirà a far rinchiudere le due zie assassine in manicomio e a far arrestare il fratello, scoprendo con sollievo di essere stato adottato e quindi di non avere in sé il seme della follia che sembra caratterizzare tutti i membri della famiglia Brewster.

 

RECENSIONE

 

“Si parla dell’arte di Frank Capra. Vi dirò il segreto della sua arte. E’ molto, molto semplice: l’amore per la gente. Se aggiungete a questa formula due cose anch’esse molto semplici, la libertà di ogni individuo e l’uguale importanza di ognuno, avete i principi su cui ho costruito tutti i miei film.” Frank Capra

Arsenic and Old Lace è prima di tutto una commedia teatrale di Joseph Kesselring che è rimasta in scena a Broadway dal 1941 al 1944 per un totale di 1444 repliche. La trasposizione cinematografica di Frank Capra, girata nel 1942, vide la luce solo nel 1944 alla fine della fortunata tournée teatrale e in pieno conflitto mondiale. All’interno della filmografia del regista di Bisacquino, Arsenico e vecchi merletti rappresenta una splendida anomalia che rivela la profondità di tematiche esistenziali all’interno di un contesto apparentemente frivolo. Parte della critica ha sempre accusato Frank Capra di populismo, demagogia ed eccessivo paternalismo, mancando clamorosamente la commistione tra azione realistica e reazione fantastica, tra sottofondo amaro e via di fuga attraverso la farsa e la parodia.

La rappresentazione della società americana non è sempre così tenera e benevola: le partite di baseball sfociano in rissa, commediografi che scrivono contro la vita di coppia si sposano in segreto, arzille vecchiette correggono il vino con arsenico, cianuro e stricnina per “confortare” le pene di uomini soli; poliziotti e psichiatri appaiono poco professionali nei rispettivi ambiti. Anche se il tono è da comic-strip e la recitazione molto sopra le righe, è impossibile non notare un rumore di fondo sinistro che sembra riaffiorare nell’oscurità tra i lazzi e gli sberleffi. Quasi tutto il film si svolge in interni, nella casa delle vecchie zie Abby (Josephine Hull) e Martha (Jean Adair) Brewster che dietro la facciata filantropica e solidale nascondono una follia omicida seriale che fa accatastare decine di cadaveri in cantina con l’aiuto del demente Teddy (John Alexander) novello Theodore Roosevelt. Quando il nipote Mortimer (Cary Grant) fresco di nozze con l’angelica Elaine (Priscilla Lane) si accorge del vizietto delle zie si innesca una reazione a catena fatta di doppi-sensi ed equivoci. A completare questo quadro di famiglia media disfunzionale, il fratello malavitoso Jonathan (Raymond Massey) con chirurgo plastico al seguito Dr Einstein (Peter Lorre). La tripartizione dell’unità di luogo non sembra casuale: al piano di sopra c’è la follia manifesta, il delirio di uno schizofrenico che suona la tromba e dà la carica credendosi il presidente degli Stati Uniti; al piano terra la placida apparenza di due vecchiette che utilizzano l’assassinio seriale come sublimazione della loro megalomania e vanità; in cantina i prodotti del subconscio, i cadaveri lasciati a terra dall’alleanza tra pazzia consapevole e inconsapevole. La vita, a volte, non è meravigliosa. E dalle stucchevoli atmosfere natalizie si passa rapidamente alla cupa notte di Halloween. Cary Grant ipertrofizza le espressioni facciali del suo personaggio fino a diventare grottesca caricatura: la scena della scoperta del cadavere dentro la cassapanca moltiplica l’effetto sorpresa/suspense nello spettatore (se ne ricorderà Hitchcock nel suo Nodo alla gola). A tutto ciò si aggiunga la clamorosa somiglianza di Jonathan Brewster con Boris Karloff ed ecco tutta una serie di richiami meta-cinematografici (la parodia di Frankenstein) e meta-teatrali (Karloff interpreta il personaggio di Jonathan nella pièce) che innescano riuscite freddure (“Dove ha preso quella faccia? A Hollywood?”).

Frank Capra è perfetto nell’incastrare una scena dopo l’altra con un effetto domino che perde il suo mordente solo nella parte finale. Tutto giocato su un portentoso equilibrio tra comico e noir, Arsenico e vecchi merletti è una di quelle opere capaci di mantenere nel tempo il loro impatto sovversivo regalando al tempo stesso risate e urla di spavento, tensione e puro divertimento.

(Fabio Fulfaro, Sentieri Selvaggi)

 

APPROFONDIMENTI

 

La normalità apparente e il “little man”

A differenza dei precedenti film di Frank Capra, commedie brillanti dal finale pieno di ottimismo, Arsenico e vecchi merletti, pur mantenendo la propria natura di commedia, aggiunge elementi macabri e grotteschi, già presenti nella pièce di Kesserling. Girato nel 1942, durante il secondo conflitto mondiale, il film risente dell’esperienza del regista sul campo di battaglia. L’American Dream, quella promessa di libertà che gli Stati Uniti propagandano, si è infranta contro un muro di contraddizioni e violenza, sfruttamento e discriminazioni, perpetrate da un sistema politico opportunista e corrotto, che ha inevitabilmente investito la società, lasciandosi alle spalle individui completamente allo sbando, sofferenti e incapaci di far fronte alla follia derivante dall’orrore della guerra. L’unica cosa che resta da fare è rifugiarsi dietro a una rassicurante, sebbene solo apparente, normalità, che nasconde sotto la superficie follia e violenza.

Come l’irreprensibile moglie e madre protagonista de La signora ammazzatutti (1994) di John Waters, la cui vita è perfetta solo in apparenza e la cui porta di casa cela pulsioni inimmaginabili. 

A fare da archetipo alla costruzione della famiglia Brewster sembra esserci l’eccentrica famiglia Addams, con la differenza che le note comico-grottesche si legano alle azioni e alla forma mentis dei personaggi più che al loro aspetto esteriore. Le zie Abby e Martha altro non sono che assassine opportuniste e manipolatrici, la cui natura omicida viene fatta passare per atto compassionevole nei confronti di vecchietti soli e sofferenti, capaci di servirsi dello squinternato nipote Teddy, che non a caso si crede un presidente degli Stati Uniti, massimo rappresentante dell’istituzione americana, investito del potere di occultare i cadaveri e rendersi così complice di crimini efferati. 

Ad opporsi al sistema, all’istituzione-famiglia, è un uomo comune, eroe per caso, che si ritrova accidentalmente a fare i conti con insane dinamiche a cui fino a quel momento è sempre stato estraneo (non è un caso che alla fine del film si scopre che Mortimer non è un Brewster perché adottato; allo stesso modo, Capra è un italiano trapiantato in America). Come l’ingenua coppia di fidanzati Susan e Brad in The Rocky Horror Picture Show (Jim Sharman, 1975), catapultati improvvisamente al centro di un mondo sotterraneo e sconosciuto, inquietante e al contempo affascinante, che metterà alla prova la loro moralità. O ancora, il Kleinman di Woody Allen in Ombre e nebbia (1991), coinvolto suo malgrado nella ricerca di uno strangolatore seriale. Mosso solo dal proprio buon senso e fedele ad un solido codice di valori etici e morali, il “little man” di Frank Capra si ritrova a combattere da solo per il bene dell’intera comunità, dando per primo il buon esempio, facendo la cosa giusta, fiducioso che questo comportamento sia l’unico modo possibile per arrivare ad una risoluzione degli eventi. 

 

La struttura “teatrale”

Come tanti adattamenti cinematografici di opere teatrali, anche Arsenico e vecchi merletti ne mantiene gli elementi strutturali, tra tutti l’ambientazione unica (la casa delle zie), se si escludono sporadiche scene in esterni. Questo permette a Capra di focalizzare l’attenzione sul dramma comico, giocato sul detto-non detto, sull’elemento nascosto che diventa catalizzatore dell’intera vicenda. A dare ritmo al film non sono tanto i movimenti di macchina, che Capra riduce al minimo, rimanendo fedele a quello stile di regia invisibile che lo caratterizza, preferendo far risaltare i personaggi attraverso dialoghi serrati e tempi comici ineccepibili, che danno al film un ritmo travolgente e rendono il flusso della narrazione fluida e cristallina. Come Polanski in Carnage (2011), Capra occulta se stesso nelle intercapedini delle pareti, negli angoli in ombra, nelle dissolvenze, in un montaggio lineare e nascosto che lascia tutto lo spazio ai personaggi in scena, in preda a isterismi e reazioni spropositate fatte di smorfie, ghigni e tic. Gli stessi che caratterizzano l’Elizabeth Taylor di Chi ha paura di Virginia Woolf? di Mike Nichols (1966), anche questo ambientato tutto nel salotto di casa. L’ambiente diventa un personaggio a sé stante, caratterizzato e caratterizzante, che racconta più dei personaggi al suo interno di quanto non facciano loro stessi, coacervo di nevrosi, frustrazioni, pazzia, morbosità.

 

Per questo, nel film di Capra così come in molti suoi simili, lo spazio si rivela determinante per lo sviluppo della storia, allargandosi e restringendosi a seconda delle necessità narrative, rivelando al momento opportuno nascondigli segreti, che siano cassapanche (in Nodo alla gola, Alfred Hitchcock si ispirerà chiaramente ad Arsenico e vecchi merletti per questo stratagemma), sottotetti (Piccoli omicidi tra amici, Danny Boyle), cantine (The Hateful Eight, Quentin Tarantino) o invalicabili stanze chiuse a chiave (Otto donne e un mistero, François Ozon). 

La claustrofobia di uno spazio chiuso, in cui anche il più efferato criminale non ha via di scampo, fa aumentare vorticosamente il pathos comico-drammatico. 

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